INTERVENTI

L'Università: dialogo tra cultura ed evangelizzazione

interventi ‒ 27 febbraio 2024

Saluto il Vice Cancelliere, Don Ignacio Barrera; l'Eccellentissima Rettrice, Doña María Iraburu. Saluto gli Illustrissimi Presidi delle Facoltà ecclesiastiche. Cari professori, studenti, amici tutti.

Desidero ringraziare le autorità accademiche che mi hanno invitato a visitare l'Università di Navarra e ad accompagnare la Facoltà di Teologia in questa giornata accademica di ispirazione cristiana dell'Università. Vi ringrazio anche per l'importante lavoro scientifico ed ecclesiale che svolgete. Che le parole che ora vi rivolgerò servano da stimolo per andare avanti.

L'Università ha più di mille anni di storia. Rappresenta certamente, come istituzione, un caso notevole di longevità temporale, rivelandosi un polo incomparabile di creatività, libertà di pensiero, conoscenza e innovazione. Quella gioia di cercare insieme la verità, di cui parlava Sant'Agostino, nei diversi campi del sapere, è la sua missione fondamentale. L'università è uno spazio in cui il soggetto trova le condizioni favorevoli per sviluppare la propria singolarità, per diventare protagonista della propria storia e, allo stesso tempo, non cessa di essere uno straordinario e polifonico intreccio di dialoghi.

Questo carattere dialogico distintivo non si rivela solo nella definizione del proprio metodo o nell'atto di svolgere la propria missione ma, soprattutto, è intrinseco all'etimologia del nome che le dà origine. Infatti, il termine latino universitas contiene già la centralità del dialogo e identifica il compito di far dialogare le discipline del sapere e le persone che lo amano.

Lo sottolinea l'incipit della Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae, ricordando che l'università è nata dalla corporazione dei professori e dei loro studenti, "liberamente uniti nello stesso amore per il sapere", affermando proprio questa indispensabile centralità del dialogo che in ogni generazione deve essere scoperto e proposto.

Ma come dialoga oggi un'università di ispirazione cristiana? La risposta potrebbe riguardare due mondi: quello interno all'università e quello esterno. Ad intra e ad extra. Per le nostre università è molto chiaro che c'è dialogo tra noi quando ogni persona che fa parte dell'Università è vista e apprezzata come un interlocutore necessario per la "mistica della vita in comune", come un protagonista importante per la vita comunitaria.

Il dialogo avviene anche all'interno, quando i nostri programmi di studio vengono sviluppati per far dialogare le scienze tra loro. Si tratta di pianificare, tenendo presente il criterio della Costituzione apostolica Veritatis gaudium, ossia l'inter- e la trans-disciplinarità. La conoscenza non è un'isola. Occorre sempre più mettere le varie discipline in ascolto reciproco, in modo che si completino, si arricchiscano reciprocamente nella circolarità. I dipartimenti di un'università non possono essere repubbliche indipendenti, ma piuttosto tessitori di un dialogo scientifico che, nel rispetto della metodologia e della specificità di ciascuna disciplina, formano una vera e propria società della conoscenza. Come ci ricorda l'apostolo Paolo:« il corpo non è composto da un solo membro, ma da molti. Se il piede dicesse: "Poiché non sono una mano, non sono parte del corpo", non cessa di essere parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: "Poiché non sono un occhio, non sono parte del corpo", non per questo cessa di essere parte del corpo". (1 Cor 12, 14-16). Sono molto felice di vedere che la Strategia Duemilaventicinque dell'Università di Navarra è orientata in questo senso: infatti, il documento parla di una "Università interdisciplinare". Grazie per questa visione. Questa è la strada da seguire.

Il dialogo interno si rafforza soprattutto nei momenti di crescita spirituale organizzati dall'università. Qui la pastorale universitaria gioca un ruolo cruciale: deve essere un luogo che ci faccia capire che l'Università si costruisce nei laboratori di ricerca e nel silenzio orante; si vive seduti nelle aule o nell'ascolto adorante di Cristo Maestro, che sarà sempre la Via, la Verità e la Vita. Come ha affermato Papa Francesco nel recente motu proprio Ad theologiam promovendam, "in questo modo la teologia è un sapere sapienziale, non astratto o ideologico, ma spirituale, elaborato in ginocchio, traboccante di adorazione". (n. 7).

Vediamo ora come un'università di ispirazione cristiana potrebbe dialogare con il suo ambiente. Permettetemi di fare un'analogia. Prendo spunto da alcune frasi del testo biblico rivolte a tre patriarchi, cioè a tre maestri del popolo di Israele.

 

Uscire dalla propria terra

Quando Yahweh chiama Abram, lo fa all'età di settantacinque anni. Abram, diremmo oggi, era un uomo realizzato e senza grandi preoccupazioni. Tuttavia, Yahweh fa in modo che lasci il suo ambiente e si assuma il "disagio" di partire.

Abraham ci aiuta a riflettere sul primo atteggiamento che l'Università deve avere per aprirsi al dialogo. Dico atteggiamento perché, essendo di ispirazione cristiana, questa Università è stata chiamata al dialogo. Il Concilio Vaticano II dice: "I cattolici si sforzino di cooperare con tutti gli uomini di buona volontà per promuovere ciò che è vero, ciò che è giusto, ciò che è santo, ciò che è amabile (cfr. Fil 4,8). Dialoghino con loro, superandoli in prudenza e umanità, e indaghino sulle istituzioni sociali e pubbliche per perfezionarle secondo lo spirito del Vangelo" (Apostolicam actuositatem, n. 14).


Il ricordo della figura di Abramo ci insegna anche che, quando lasciamo il nostro territorio, dobbiamo mantenere la nostra identità e aprirci a un nuovo modo di vivere. realtà nuova e diversa, anche se ci porta sacrifici e prove. Infatti, quando Abramo lasciò Ur, portando con sé la fede nell'unico Dio, nel suo viaggio incontrò persone e culture diverse che, in un modo o nell'altro, gli fecero vivere delle crisi, ma che alla fine gli lasciarono una benedizione. L'Università, come dice Ex corde Ecclesiæ, è aperta a ogni esperienza umana, pronta a percepire qualsiasi cultura, ma lo fa per discernere e valutare bene sia le aspirazioni che le contraddizioni della cultura, per renderla più adatta allo sviluppo integrale delle persone e dei popoli (cfr. n. 45). A questo proposito, vale la pena ricordare che l'identità delle culture tradizionali deve essere protetta, aiutandole a incorporare l'esperienza del presente, senza alienare il proprio patrimonio. Allo stesso modo, la cultura contemporanea va valorizzata, rischiando di dialogare con la sua stimolante complessità.

 

Non scendere in Egitto, ma resta nel luogo che ti mostrerò.

Un altro maestro di Israele è Isacco. Il patriarca si trova nella città di Gerar, dove si trovava Abimelech, il re dei Filistei. Isacco vive in pace, circondato da un credo e da una cultura diversi dai suoi. Tuttavia, nel suo cuore, la preoccupazione per la carestia che sta vivendo lo porta a pensare seriamente di lasciare il Paese e di emigrare. È in quel momento che Yahweh gli parla. La Scrittura dice: "Il Signore gli apparve e gli disse: "Non scendere in Egitto; resta nel luogo che ti indicherò. Ora resterai per un po' di tempo in questa terra straniera, ma io sarò con te e ti benedirò".

Questo episodio biblico getta luce anche sulla chiamata di un'Università a dialogare con il suo ambiente. Ricordiamo che l'autoreferenzialità non è né la risposta né il modo di agire di un'istituzione di ispirazione cristiana. Papa Francesco ci dice giustamente che l'autoreferenzialità ci impoverisce ed è vissuta da "chi, in fondo, conta solo sulle proprie forze".

Cosa fare, allora, quando la situazione esterna non è quella desiderata o idealizzata? In questi casi, è necessario essere fermi sui tre principi chiave della dialogo reale, ossia il dovere dell'identità, l'audacia dell'alterità e la rettitudine delle intenzioni. Il dovere dell'identità, perché non è possibile intraprendere un vero dialogo sulla base dell'ambiguità o del compromesso con il bene per compiacere gli altri. L'audacia dell'alterità, perché chi è diverso, culturalmente o religiosamente, non è visto e trattato come un nemico, ma è accolto come un compagno di viaggio, con la genuina convinzione che il bene di ciascuno si trova nel bene di tutti. La rettitudine delle intenzioni, perché il dialogo, in quanto espressione autentica di ciò che è umano, non è una strategia per raggiungere secondi fini, ma il cammino della verità, che merita di essere pazientemente seguito per trasformare la competizione in cooperazione (cfr. CEC, L'identità della scuola cattolica per una cultura del dialogo, n. 30).

 

D'ora in poi non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele.

Infine, il terzo maestro è Giacobbe. Nella misteriosa lotta di Giacobbe con l'angelo di Yahweh, ascoltiamo la decisione di quest'ultimo di cambiare nome, che, come sappiamo, significava un approfondimento della sua identità e della sua missione.

Ecco perché i continui cambiamenti che viviamo ci spingono ancora di più a testimoniare instancabilmente l'identità delle nostre istituzioni. Occorrono coraggio e creatività per mostrare ciò in cui crediamo e per cui agiamo. In altre parole, mi chiedo - vi chiedo - come far capire agli studenti universitari di oggi che la proposta integrale offerta dalle nostre università si ispira al Vangelo e al patrimonio educativo della Chiesa? Come spiegare loro che la scienza non è affatto minacciata, ma illuminata nell'orizzonte del suo dialogo con la fede? Come dire loro che le culture non possono ignorare la dimensione religiosa dell'essere umano? Come sottolineare che le nostre università sono spazi di vita cristiana, luoghi di impegno laico ed ecclesiale, laboratori di dialogo e di sintesi tra fede ed esistenza?

A questo proposito, Papa Francesco ha scritto una dichiarazione splendidamente incisiva nella sua ultima Esortazione Laudate Deum che, a mio avviso, merita un'attenta riflessione istituzionale. Il Santo Padre ha affermato: "non c'è cambiamento duraturo senza un cambiamento culturale, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non c'è cambiamento culturale senza un cambiamento nelle persone" (n. 70). In termini cattolici questo cambiamento si chiama conversione. Nell'università il culto diventa cultura, la dottrina diventa pensiero, la verità è vissuta in un'esperienza comune e appassionata. Non è solo metanoia, ma anche metacardia.

In questo, la teologia, la filosofia e il diritto canonico, come afferma la stessa Ex Corde Ecclesiae, "svolgono un ruolo particolarmente importante nella ricerca di una sintesi del sapere e nel dialogo tra fede e ragione. Inoltre, danno una mano a tutte le altre discipline nella loro ricerca di senso" (cfr. n. 19). Allo stesso tempo, le università cattoliche o di ispirazione cristiana hanno anche una particolare responsabilità nel sostenere le scienze ecclesiastiche nel sistema universitario e nell'affermare la loro piena cittadinanza tra le scienze. Non riduciamo la loro portata e il loro ruolo: al c o n t r a r i o , aiutiamo tutti a comprendere la loro altissima rilevanza culturale per il mondo di oggi e del futuro. Il motu proprio Ad theologiam promovendam ricorda che uno dei ruoli della teologia "è quello di contribuire all'attuale dibattito sul ripensamento del pensiero, mostrando che esso è un vero sapere critico, in quanto sapere sapienziale". (n. 7)

Le nostre università devono, con creatività, mostrare al mondo la ricchezza della cattolicità con la sua antropologia e la sua cura per l'essere umano e l'ambiente. L'università, infine, è un grande laboratorio di dialogo, anche di dialogo con Cristo. Questo dialogo ha bisogno di professori, studenti e, ancor più, di testimoni.

Vorrei concludere riprendendo il messaggio che il Santo Padre ha rivolto agli studenti universitari dell'Università Cattolica Portoghese nel contesto della Giornata Mondiale della Gioventù: "Amici, lasciate che vi dica: Cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, cercate e cercate, correre il rischio. In questo momento storico le sfide sono enormi, i gemiti sono dolorosi - stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi - ma accettiamo il rischio di pensare che non siamo in agonia, ma in travaglio; non alla fine, ma all'inizio. E ci vuole coraggio per pensarlo" (incontro con giovani universitari, 3 agosto 2023).


Grazie per tutto quello che fate!
Grazie per essere accademici ispirati e testimoni credibili!

 

Card. José Tolentino DE MENDONÇA