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Santa Messa in Onore di Santa Cecilia e consegna dei diplomi

notizie ‒ 26 novembre 2025

Presieduta da S. E. Mons Polvani nella Chiesa Abbaziale a Roma

Lo scorso 25 novembre, il Pontificio Istituto di Musica Sacra si è riunito nella chiesa abbaziale di San Girolamo in Urbe per celebrare la Messa in onore di santa Cecilia e conferire i diplomi agli studenti che hanno concluso il loro percorso accademico.

La celebrazione in onore della patrona dei musicisti è stata un momento significativo di comunione ecclesiale, in cui l'intera comunità accademica — rappresentata dal Segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, l'arcivescovo Carlo Maria Polvani, dal Preside dell’Istituto p. Robert Mehlhart, dai docenti e dagli studenti — si è riunita per rendere grazie a Dio del percorso di studio e del lavoro compiuto.

Al termine della liturgia si è tenuta la Cerimonia del conferimento dei gradi accademici riconosciuti dalla Santa Sede, che abilitano i neo-laureati ad operare come docenti, maestri di cappella, organisti, compositori e responsabili della musica nelle varie Chiese locali.

 

Omelia del 25.11.2025, Consegna Diplomi – Santa Cecilia

 

Ringrazio di cuore per l’invito il Pontificio Istituto di Musica Sacra e il Maestro Robert Melhart e tutta la comunità accademica e il personale ausiliare. Siete una vera comunità. Oggi è una grande festa perché si celebra la fine di un percorso molto importante per tanti di voi studenti. Congratulazioni di cuore e grazie ai vostri professori.

Ogni civiltà conosciuta ha collocato le proprie origini all’interno dell’orizzonte del sacro. E non esiste racconto originario, non esiste esperienza del sacro priva di una mediazione sonora. La voce, il suono, la vibrazione sono sempre presenti come elementi fondamentali nell’incontro dell’uomo con il Mistero. In molti casi, questa mediazione sonora si è configurata come vera e propria musica: linguaggio simbolico, strutturato, formale. Questa è una realtà antropologica. È una rivelazione sulla natura stessa dell’uomo.

Fin dalle origini, l’essere umano ha saputo che il rapporto con Dio non poteva essere espresso unicamente attraverso la ragione discorsiva, attraverso la logica dell’argomentazione. Era necessaria la musica. La storia della nostra civiltà occidentale lo conferma. La musica che noi possediamo come primo grande corpo musicale dell’Occidente è il canto liturgico. Non è una coincidenza che la matrice della nostra grande tradizione polifonica medievale, e dello sviluppo successivo di tutta la musica colta occidentale, provenga dal gregoriano.

Ciò non significa che la musica sia un’alternativa al linguaggio teologico o filosofico. Il grande Sant’Agostino – forse il nostro più profondo maestro su questi argomenti – non ha mai contrapposto la musica alla ricerca della verità. Piuttosto, ha insegnato che la musica è un linguaggio che permette di sperimentare e comprendere il rapporto con Dio in un modo proprio, un modo che la ragione sola non potrebbe raggiungere.

Nel Libro IX delle Confessioni, Sant’Agostino descrive il momento in cui, dopo il battesimo, partecipa al canto liturgico della Chiesa. Ascolta le voci che cantano soavemente, e accade qualcosa di straordinario: la verità non gli si rivela unicamente attraverso la mente, ma attraverso i sensi. La verità si distilla nel suo cuore. Ed egli scrive: «Quanto piansi tra i tuoi inni e i tuoi cantici, profondamente commosso dalle voci della tua Chiesa che soavemente cantava! Quelle voci fluivano nelle mie orecchie e la verità si distillava nel mio cuore, e da lì ribolliva il sentimento della pietà, e scorrevano le lacrime, ed io ne provavo consolazione». Notate questa dinamica: le voci fluiscono nell’orecchio, e la verità – la stessa verità di Dio – si distilla nel cuore. È incontro con la realtà. È conoscenza.

Come ha detto Papa Leone per la Santa Messa in occasione del Giubileo dei Cori e delle Corali (23.11.2025): “Le grandi civiltà ci hanno fatto dono della musica affinché possiamo dire ciò che portiamo nel profondo del nostro cuore e che non sempre le parole possono esprimere. Tutto l’insieme dei sentimenti e delle emozioni che nascono nel nostro intimo da un rapporto vivo con la realtà può trovare voce nella musica. Il canto, in modo particolare, rappresenta un’espressione naturale e completa dell’essere umano: la mente, i sentimenti, il corpo e l’anima qui si uniscono insieme per comunicare le cose grandi della vita.”

È importante, come comunità accademica, impegnarci affinché la musica rimanga un linguaggio che grida, che invoca, che giubila, che prega. Un linguaggio che rimane radicato nell’orizzonte del sacro. Dobbiamo valorizzare la musica come un linguaggio particolare per dire e comprendere il rapporto del popolo cristiano con il Dio vivente, ascoltando la testimonianza di Santa Cecilia, patrona dei musicisti e dei cantori.

Nella sua Passio si racconta che il giorno delle sue nozze con il nobile Valeriano, Cecilia cantava nel suo cuore: «Conserva, o Signore, immacolati il mio cuore e il mio corpo». Non era una melodia distratta, non era un accompagnamento musicale ai riti nuziali. Era la voce della sua fede, il canto del suo incontro con Dio. Confidò il suo voto al marito, che si convertì e la prima notte di nozze ricevette il battesimo da papa Urbano I. La sua testimonianza era così convincente, che la sua parola risultava irresistibile. Quando le autorità romane la perseguitarono, Cecilia rimase nella relazione con Dio. Non rinunciò alla sua fede.

Ecco, cari Professori, cari studenti: tutto questo per dirvi che questa è la grande tradizione di testimonianza di cui siete, di cui siamo, eredi. Ancora auguri vivissimi a voi; possiate voi portare a chi vi ascolta quella forma di conoscenza che è la musica. E che la musica a cui dedicate la vostra vita sia la prova viva dell’esistenza e della forza della fede. Amen.

 

Mons. Carlo Maria Polvani