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Porta della Speranza a Milano, firmata da Michele De Lucchi

eventi ‒ 19 dicembre 2025
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 Venerdì 19 dicembre 2025 alle 16 è in programma la presentazione della prima Porta della Speranza, in Italia davanti alla Casa Circondariale di Milano San Vittore “Francesco Di Cataldo”. Con l’inaugurazione dell’opera progettata da Michele De Lucchi, prende ufficialmente avvio il progetto internazionale dedicato al dialogo tra arte, comunità carcerarie e società civile.

 

Porte della Speranza è un progetto promosso dalla Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede in collaborazione con il DAP, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, e realizzato dal Comitato Giubileo Cultura Educazione con Rampello & Partners e con il contributo di Fondazione Cariplo.

 

L’iniziativa inaugura così un percorso artistico, educativo e sociale che si svilupperà tra la fine del 2025 e il 2026.

Il progetto invita grandi interpreti della cultura contemporanea a creare una serie di “porte artistiche” in relazione diretta con gli istituti penitenziari. Le opere, installate davanti alle carceri coinvolte, diventeranno segni di passaggio e rigenerazione, rivolti ai detenuti e insieme all’intera comunità.

 

Papa Leone XIV: “Da ogni caduta ci si deve poter rialzare”

Il progetto si situa in connessione profonda con il magistero di Papa Francesco che all’inizio del Giubileo aprì una Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia e trova forza nell’invito accorato di Papa Leone XIV.

Domenica 14 dicembre, presiedendo la Celebrazione eucaristica nel Giubileo dei detenuti, il Santo Padre ha ricordato che «il carcere è un ambiente difficile e anche i migliori propositi possono incontrare tanti ostacoli. Proprio per questo, però, non bisogna stancarsi, scoraggiarsi o tirarsi indietro, ma andare avanti con tenacia, coraggio e spirito di collaborazione. Sono molti, infatti, a non comprendere ancora che da ogni caduta ci si deve poter rialzare, che nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto e che la giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione».

 

Card. Tolentino: “La speranza è responsabilità condivisa”

«Aprire una porta — anche quando non esiste un muro — significa riconoscere che nessuna vita è priva di futuro», afferma il Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. «Con questo progetto desideriamo affermare che la speranza non è un ornamento, ma una responsabilità condivisa: una possibilità che si rinnova proprio nei luoghi dove sembra più fragile».

 

Michele De Lucchi: la porta, “un passaggio verso la rinascita”

La prima Porta della Speranza, in Italia, firmata da Michele De Lucchi per il carcere di San Vittore, interroga il significato stesso della soglia come spazio di cambiamento. «Le porte mi hanno sempre affascinato: non sono un semplice elemento architettonico, ma una forma che racconta. Racchiudono l’idea del passaggio, dell’attesa, dell’inizio di un altrove», spiega De Lucchi. «La Porta della Speranza è pura e solida presenza, senza muro: non separa, non conduce, semplicemente è. Segna un luogo sospeso, aperto al possibile. Dichiarare che la trasformazione è accessibile significa riconoscere che ogni passaggio può aprire uno spazio di consapevolezza, attesa e rinascita».

L’opera si compone di due alti battenti semichiusi, privi di telaio, che evocano un varco aperto all’ignoto. La superficie, definita da un bugnato sfaccettato ispirato a quello rinascimentale — in particolare a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, città natale dell’architetto — suggerisce una forza non come barriera, ma come fondamento del passaggio. La Porta non distingue un dentro e un fuori: è un’architettura senza muro, un invito a considerare la trasformazione come un cammino condiviso e non come un gesto isolato.

 

Il senso dell’operazione: una proposta di speranza per i detenuti e per la società

Affinché la speranza non rimanga un concetto astratto, il progetto si articola su due direttrici complementari, interna ed esterna al carcere.

All’interno degli Istituti di pena questa iniziativa darà vita a itinerari educativi, laboratoriali e pastorali capaci di accompagnare le persone detenute in un percorso di crescita personale con il coinvolgimento di tutte le realtà (educatori, cappellani, associazioni di volontariato…) che già operano a loro sostegno. Importante sarà anche l’azione per sviluppare le loro capacità tecniche, attraverso corsi di formazione realizzati in collaborazione con istituzioni di eccellenza come l’Accademia di Belle Arti di Brera e ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Questi interventi permetteranno di offrire ai detenuti competenze importanti per il loro reinserimento a pieno titolo nella società.

Le Porte della Speranza intendono esercitare un impatto anche all’esterno delle carceri. Vogliono essere la possibilità offerta all’opinione pubblica per entrare simbolicamente nella realtà del carcere superando i pregiudizi sui detenuti, comprendendo la necessaria funzione educativa, riabilitativa, umana degli Istituti di pena, così che siano sempre meno luoghi dimenticati, volutamente invisibili, periferie esistenziali, ma sempre più “visti” e centrali nelle preoccupazioni della politica, della società civile, nel volontariato, nell’educazione, nell’attivazione di risorse economiche ed educative, nella preghiera di chi vive la fede.

Al potere dell’arte e di queste porte simboliche il compito di realizzare l’incontro.

 

 

Il curatore Rampello: “Senza speranza non si vede la vita”

«La speranza è un sentimento profondissimo, è il sentimento ultimo.» osserva il curatore artistico Prof. Davide Rampello. «Senza speranza l’uomo non ha possibilità di progettare, di vedere la vita. Costruire, ideare, progettare dei monumenti – porte, soglie che bisogna oltrepassare – dedicati proprio alla speranza, vuol dire confortare, dare un senso profondo a questo sentire. Un invito a conservare e proteggere questo sentimento così prezioso, così vitale.».

 

Azzone: “L’impegno di Fondazione Cariplo per il futuro oltre il carcere”

«Vogliamo porre attenzione alle persone che stanno in carcere.» dichiara Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo «Lo facciamo oggi con questa iniziativa fortemente simbolica, di una Porta della Speranza che si apra verso il futuro, per coloro che vivono all’interno delle carceri: quando ne usciranno, guarderanno alla vita cercando una nuova strada. Sul tema siamo attivi da tempo e lo saremo anche nel 2026: abbiamo infatti lanciato un nuovo programma, con un impegno da 20 milioni di euro che ha l’obiettivo di realizzare progetti di reinserimento e riattivazione di queste persone. Sappiamo, e i dati lo dimostrano, che le persone che escono dal carcere dopo aver partecipato a progetti di avviamento al lavoro e sono accompagnate al reinserimento hanno una bassa percentuale di recidiva. Chi non ha questa opportunità, invece, nella maggior parte dei casi torna a delinquere. In questo ambito, istituzioni, terzo settore, aziende e società civile possono fare molto lavorando insieme.».

 

L’apertura delle prossime “Porte”

Dopo San Vittore, Porte della Speranza proseguirà coinvolgendo una significativa rosa di autori, chiamati a dialogare con altrettanti istituti: la sezione femminile di Borgo San Nicola di Lecce con Fabio Novembre; Regina Coeli a Roma con Gianni Dessì; Santa Maria Maggiore alla Giudecca, Venezia, con Mario Martone; Pagliarelli di Palermo con Massimo Bottura; Canton Mombello di Brescia con Stefano Boeri; Secondigliano a Napoli con Mimmo Paladino; la sezione femminile del Giuseppe Panzera di Reggio Calabria con Ersilia Vaudo Scarpetta. Ogni interprete, in accordo con le direzioni dei penitenziari, costruirà il proprio progetto a partire dall’ascolto dei detenuti e della comunità carceraria.

 

Un progetto internazionale

Il progetto assume anche una dimensione internazionale. In Portogallo, presso due carceri, sono già state realizzate due residenze d’artista grazie alla collaborazione con il Ministero della Giustizia del Governo della Repubblica Portoghese – Direzione Generale per la Reintegrazione e i Servizi Penitenziari, con il sostegno di ZET – Gallery e di Fundação Jornada. Gli interventi sono stati realizzati presso l’Istituto penitenziario scolastico di Leiria (che ospita una popolazione carceraria giovanile) ad opera dell’artista Ilídio Candja e presso l’Istituto penitenziario di Tires, (riservato alle madri detenute con i propri figli), curato dall’artista Fernanda Fragateiro.

 

Una bottega artigiana diffusa

La Porta di San Vittore è stata realizzata grazie al contributo di numerosi partner: Riva1920, che ha fornito il legno e le proprie competenze artigianali; Maeg S.p.A., responsabile della progettazione esecutiva e della lavorazione del metallo; Zincheria Valbrenta “Walter Bordignon”, che ha curato la zincatura e la finitura; Metal 360 Montaggi “Francesco Vegini”, incaricata dell’installazione dell’opera; e Bertone Design, che ha realizzato le targhe.

Anche le opere successive prenderanno forma grazie al sostegno di aziende e professionisti specializzati, tra cui KME Italy per il rame, Margraf per il marmo, Bianco Cave per la pietra leccese, l’ingegner Maurizio Milan con Buromilan per gli aspetti tecnici e le certificazioni, e Studio FM Milano – Sergio Menichelli per la creazione dell’emblema del progetto.

Il progetto Porte della Speranza nasce e si sviluppa con lo spirito di una grande bottega rinascimentale: un luogo dove artisti, progettisti, artigiani e istituzioni lavorano insieme, intrecciando competenze e visioni in un processo creativo comune, fondato sulla condivisione dei saperi, sull’eccellenza del fare e sulla responsabilità culturale collettiva. Ogni opera prende forma attraverso un laboratorio vivo, in cui l’ispirazione artistica dialoga con la precisione tecnica e con l’esperienza delle maestranze, restituendo alla comunità un gesto corale in cui la creatività si traduce in trasformazione concreta.

 

Il film

L’intero percorso — dagli incontri nei penitenziari alla realizzazione delle opere — sarà raccontato in un film diretto da Giuseppe Carrieri e in una pubblicazione collettiva che raccoglierà testimonianze artistiche, contributi degli autori, interventi dei detenuti e riflessioni sul tema della speranza.

 

Un passaggio verso la rinascita

Grazie alla sua struttura, che intreccia arte, formazione e impegno sociale, Porte della Speranza si propone come un processo vivo, non come una semplice serie di installazioni: un invito a oltrepassare il limite, a riconoscere l’altro, a ripensare la possibilità stessa della trasformazione. Con la Porta di Michele De Lucchi prende avvio un percorso che afferma che ogni passaggio può farsi rinascita. Una porta non per separare, ma per guardare oltre.