Fisica teorica e fisica sperimentale. Quesito con la Susy
Nella sua edizione dell’11 aprile, questo quotidiano ricordava la morte del fisico teorico Peter Higgs, il cui nome è collegato alla così chiamata «particella di Dio», il bosone di cui egli aveva previsto l’esistenza mezzo secolo prima della conferma sperimentale ottenuta dal Cern nel 2012. Come indicava nel suo eccellente articolo Gabriele Gionti della Specola Vaticana, tale nomignolo non fu coniato dallo stesso laureato del premio Nobel per la fisica del 2013, ma fu affibbiato, in segno di scherno da due fisici sperimentali — che in genere non intrattengono relazioni idilliche con i loro colleghi teorici — per indicare la pervicace elusività della particella subatomica alle osservazioni, creando l’infelice misunderstanding di vedere una relazione diretta fra la presunta esistenza di suddetto bosone e quella di Dio.
Il contributo di Higgs è di notevole conforto a quanti sostengono il cosiddetto Modello Standard, che a oggi è la migliore spiegazione della struttura della materia a livello subatomico. Lo sviluppo del Modello Standard fu laborioso. Quando la configurazione dell’atomo fu scoperta agli inizi del secolo scorso, si costatò che un atomo era composto da un nucleo di neutroni e di protoni, con elettroni che vi orbitavano intorno. Se si prendesse il più comune atomo dell’universo, quello dell’idrogeno, in una scala maggiorata nella quale il suo unico neutrone e il suo unico protone formassero un nucleo grande come un pallone da calcio, l’elettrone sarebbe una biglia di meno di un centesimo di millimetro di diametro, che orbiterebbe a circa tre chilometri di distanza, a una velocità tale da effettuare circa un milione di miliardi di rivoluzioni ogni secondo.
Essendo essenzialmente vuota, la materia deve quindi la sua compattezza a forze che interagiscono fra le particelle che la formano. Per capire quali fossero queste particelle e come interagissero fra loro, si intrapreso due cammini. Da una parte, quello della fisica sperimentale; costruendo acceleratori sempre più potenti, si scontrano, a velocità ed energie sempre più alte, le particelle conosciute, in attesa che dai loro impatti appaiano quelle più piccole, non ancora osservate. Dall’altra, quello della fisica teorica; ideando un modello teorico che racchiuda in uno schema coerente le particelle sub-atomiche scoperte, si tenta di prevedere quelle ancora da osservare, in modo da coniugarle tutte in un insieme che confermi una relazione coerente ed esaustiva fra di esse, in termini di masse e di forze.
A oggi, il Modello Standard considera due tipi di particelle subatomiche elementari dalle quali tutte le altre derivano: i fermioni e i bosoni, che sono così chiamati, i primi, perché seguono i principi della statistica Fermi-Dirac, e i secondi perché quella della statistica Bose-Einstein. Vi sono due tipi di fermioni: i quark e i leptoni; i quark sono sei e possono essere classificati in coppie da due (per questo i nomi: up/down, charm/ strange , top/bottom); anche i leptoni sono sei e possono essere classificati in coppie da due (l’elettrone, il muone e il tauone con i loro tre neutrini corrispondenti). I bosoni invece sono divisi in vettori (e sono quattro: luone/fotone/ W/Z) e in scalari. Ma di scalari ve ne è uno solo, il bosone Higgs, appunto, che è l’unica particella elementare del Modello Standard a non trovare una controparte simmetrica (si veda diagramma).
Per alcuni fisici teorici, tale mancanza di simmetria andrebbe colmata sviluppando una modello simmetrico, anzi super- simmetrico. Essi difendono la cosiddetta SUperSYmmetry (o SUSY), che a loro dire, applicata ad altre teorie, come quella delle stringhe, potrebbe dare un senso a tutte le interazioni fisiche conosciute. Si tratta quindi, o di accontentarsi di quello che gli esperimenti sanciscono — e seguire il premio Nobel Carlo Rubbia: «Non è l’uomo, è la natura che decide come stanno le cose» — o di lasciarsi tentare dal fascino ineludibile della simmetria — definita da Blaise Pascal, nelle Pensées, la più essenziale delle intuizioni: «La simmetria consiste nel cogliere con un colpo d’occhio perché non c’è motivo di fare diversamente». A rendere la scelta ancor più difficile, il fatto che la simmetria è inerente a tante aeree della natura — dalla chimica alla biologia — e a tanti aspetti della percezione umana — dall’architettura alle arti plastiche (per gli appassionati, si consiglia il saggio di Ian Stewart, Why Beauty Is Truth, Basic Books, 2007).
A onore del vero, si ricordi che sin dai suoi albori, la fisica si è sentita intrappolata in questa dialettica angosciosa: accettare una paradossalità empirica o superarla con soluzioni logico-matematiche. Questa, almeno, è la tesi di un libro originalissimo Enigmi per decifrare il mondo. Fisica e matematica da Newton alle stringhe, di Cumrun Vafa (Dedalo, 2022). In esso, il docente di Harvard, con esempi facili, illustra come la fisica sia sempre stata una grande avventura di risoluzione di enigmi matematici per confortarsi con la complessità delle realtà osservabili. Questo approccio va lodato perché apre un prisma innovativo per capire la fisica anche come la raccolta di concetti astratti, che offrono sì un quadro sintetico di un universo enigmatico, ma non necessariamente ne spiegano il mistero. A quanti considerano questa visione troppo disfattista, andrebbero forse ricordate le parole pronunciate da Eugenio Montale, nella cerimonia di accettazione del premio Nobel per la Letteratura del 1975: «Ho sempre bussato alle porte di quel meraviglioso e terribile enigma che è la vita. Sono stato giudicato pessimista; ma quale abisso di ignoranza e di basso egoismo si nasconde in chi pensa che l’uomo sia il Dio di sé stesso e che il suo avvenire non può essere che trionfale?».
Carlo Maria Polvani