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La Chiesa alla scuola della pluralità:
intrevista al Card. José Tolentino de Mendonça

notizie ‒ 07 dicembre 2023

Il prefetto del Dicastero vaticano per la cultura e l'educazione fa il punto sulle istituzioni formative cattoliche e sulle sfide che intende affrontare. «La Chiesa non è soltanto docente ma ha da imparare sia sull'umanità che su Dio»

Nato sull'isola portoghese di Madeira nel 1965, è stato ordinato nel 1990 e ha studiato Teologia biblica a Roma e a Lisbona. È divenuto poi professore di Nuovo Testamento ed Estetica teologica all'Università cattolica del Portogallo. Nota e apprezzata è la sua produzione poetica. Nel 2018 il Papa lo ha chiamato in Vaticano come archivista e bibliotecario, nel 2019 lo ha creato cardinale e nel 2022 lo ha nominato prefetto del Dicastero per la cultura e l'educazione, riunendo le competenze che erano dei cardinali Ravasi e Versaldi.

Circa 62 milioni di studenti. Oltre 225 mila scuole, di cui 100 mila primarie e 74 mila materne. E poi 1.200 università cattoliche e 450 facoltà ecclesiastiche. Sono questi i numeri della rete educativa della Chiesa cattolica, secondo l'Annuario statistico più recente (2021). «È la più ampia e significativa rete di educazione al mondo», commenta il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l'educazione. «Penso che la maggioranza di noi non abbia consapevolezza dell'immensa risorsa che rappresenta la rete scolastica e universitaria cattolica».

De Mendonça, nominato prefetto nel settembre 2022, è il primo cardinale a presiedere il rinnovato Dicastero che, dopo la riforma dettata dalla costituzione apostolica Praedicate Evangelium, accorpa il precedente Pontificio consiglio della cultura con la Congregazione per l'educazione cattolica.

 

Nel centenario della nascita di don Lorenzo Milani, lei lo ricorda come «punto di riferimento fondamentale per la Chiesa nel campo dell'educazione». Per quali ragioni?

«Perché ha combattuto per portare il diritto fondamentale dell'educazione agli esclusi dal sistema educativo, come purtroppo accade ancora in alcune aree geografiche. Perché ha guardato all'educazione non come a una tecnica, ma a un'esperienza integrale della persona nella sua totalità: testa, cuore e mani, come sottolinea papa Francesco. E perché comprese che l'educazione è la componente di qualcosa di più ampio. E preparazione per l'incontro con la verità e apertura a un senso per la vita. La scuola deve preparare a un grande amore, a una grande fede, a una vita vissuta in pienezza».

Il nuovo assetto del Dicastero unifica "cultura" ed "educazione". Che circolarità si genera tra questi due ambiti?

«La scuola e l'educazione, accompagnando la vita dell'essere umano, contribuiscono a creare una visione del mondo e una consapevolezza dell'essere, uno sguardo critico e una capacità di vivere in pienezza la libertà umana. Il lavoro culturale ha il proprio specifico nella ricerca di senso, di bellezza e di bene, collaborando in senso più ampio alla vocazione della persona umana e alla sua realizzazione. Cosa offre l'educazione? Un'immensa rete di piccoli e grandi laboratori di umanità. Cosa offre la cultura? Offre, a ogni progetto educativo, la possibilità di fare una sintesi, cioè una conoscenza assunta per la vita di ognuno. C'è quindi grande affinità tra i due campi, anche se ognuno mantiene il proprio specifico anche per il lavoro della Chiesa. Ma è bello coltivare sinergie, ed è quello proviamo a fare».

Nel nome del Dicastero è decaduto l'aggettivo "cattolico", che in precedenza connotava la Congregazione per l'educazione. Perché?

«"Cattolico" è aggettivo soltanto grammaticalmente, perché sostantiva la realtà, ne è lo sfondo, e se guardiamo l'organigramma della Curia romana vediamo che è per lo più sottinteso. La competenza per le scuole cattoliche e per le istituzioni a tutti i livelli dell'insegnamento cattolico rimane al Dicastero, ma la scomparsa dell'aggettivo significa che esso è completamente assunto come punto di partenza di una visione universale».

In effetti l'ultimo progetto della precedente Congregazione aveva un orizzonte universale: il Patto educativo globale.

«Il desiderio di papa Francesco, nel presentare la proposta del Patto educativo globale, era di far comprendere che la scuola è una causa comune. Formare un essere umano alla scuola della sua libertà e dargli la possibilità di assumere il suo proprio essere richiede il contributo della famiglia, della società nei suoi diversi enti, sicuramente non della sola scuola. Il Pontificio consiglio della cultura già viveva questa consapevolezza di abitare la frontiera per ascoltare l'altro, perché la Chiesa ha un interesse sincero per l'umano. Paolo VI e papa Francesco si sono rivolti agli artisti come ad amici e alleati, partner di un lavoro comune che ci unisce, integrando le differenze, non vedendole come ostacolo o minaccia, ma come la garanzia di una verità e come possibilità di un arricchimento».

Hans Urs von Balthasar parlava del «tutto nel frammento» ...

«E una visione molto importante. In un mondo di frammentazione, la tentazione è di vederne solo i pericoli. Certamente c'è un rischio d'isolamento, ma accettando la logica delle diversità e dei frammenti possiamo costruire una narrativa di arcipelago. Noi siamo un arcipelago, siamo questo tutto che si compone dei frammenti di esperienza umana e credente che ogni realtà trasporta».

Anche la formazione ecclesiastica sta cambiando. Le tre istituzioni affidate ai Gesuiti (Gregoriana, Biblico, Orientale) vanno verso l'integrazione in una sola istituzione. Qual è l'orizzonte?

«Dialogando con i responsabili di università e istituti romani - sia quelli che appartengono alla Santa Sede che ad altre istituzioni religiose - vedo un grande senso di responsabilità. Viviamo una nuova epoca della storia. In molti Paesi fattori che vanno dalla denatalità alla digitalizzazione mettono in discussione le stesse università civili. L'università come progetto deve fare fronte a un cambiamento nel modo di trasmettere conoscenza. Lo scorso 25 febbraio papa Francesco ha invitato le università e gli istituti pontifici di Roma a "fare coro", una sfida propositiva a creare un dinamismo di apertura per sviluppare collaborazioni e sinergie, senza fissare il cammino in un solo modello».

Il progressivo calo delle vocazioni costringerà a rivedere il sistema di formazione "centralizzato" a Roma?

«È vero che, mentre qualche decade fa era solo Roma a offrire questo genere di studi, oggi si è fatto un percorso legittimo e bello di sviluppo della scienza teologica e delle discipline ecclesiastiche in altre geografie. Ma oltre all'esperienza universitaria, Roma offre di più: è veramente la polifonia della Chiesa, l'immersione in una tradizione e nell'internazionalità, e le università e istituti pontifici romani hanno questa fisionomia. È importante affermare lo specifico della romanità, che è qualcosa che viene dal passato, e nel presente, e continuerà per il futuro».

Il Pontificio consiglio della Cultura era nato per favorire le relazioni tra la Santa Sede e il mondo della cultura, «privilegiando il dialogo con intellettuali e artisti». A 40 anni di distanza, la nostra percezione della cultura e cambiata?

«Oggi c'è la comprensione che questa parola non va più adoperata al singolare, ma al plurale: esistono le culture. C'è una diversità di campi, linguaggi e grammatiche che impone alla Chiesa la responsabilità di accompagnare la vastità del mondo e intendere queste diversità come un campo di missione. Dall'altra parte, c'è da costruire una cittadinanza culturale, perché la cultura fa l'uomo. Come esseri umani rimaniamo incompleti se non assumiamo, maturiamo e produciamo forme culturali. La cultura è fondamentale per dare all'uomo la coscienza di sé, e anche per la costruzione di una cittadinanza comune».

Con chi dialoga la Chiesa, allora, quando vuole "fare cultura"?

«Come sappiamo, c'è una storica divisione tra le culture cosiddette "popolari" e altre "sistematiche". Ma in questo campo la Chiesa è uni-versale. S'interessa a tutto ciò che è umano. Lo sport, ad esempio, è una manifestazione culturale che muove milioni di persone nel mondo, sia come praticanti che come appassionati. Questo campo deve essere accompagnato - e aveva già cominciato a farlo il Pontificio consiglio - così come meritano vicinanza artisti, scrittori e forme più tradizionali del lavoro culturale. E un campo dalla vastità impressionante, ma e bello cogliere un tratto comune: donne e uomini di cultura si riconoscono come assetati, come inquieti dell'Assoluto, ricercatori di una verità. Questo tratto è vivo e pulsante in ogni linguaggio. Anche nella differenziazione a volte esasperata di alcuni percorsi, noi riconosciamo il patrimonio della sete, che è il grande tesoro della cultura».

La costituzione apostolica Praedicate Evangelium parla di arricchimento «vicendevole» e «mutuo» tra la Chiesa e le «molteplici culture». "Fare cultura" non è solo insegnare. Cosa può imparare, la Chiesa?

«È fondamentale la consapevolezza che la Chiesa non è soltanto docente, ma ha da imparare sia sull'umanità che su Dio, perché la verità non si possiede come un oggetto in tasca, ma semmai è lei che possiede noi. Dio non cessa di essere sorprendente, e abbiamo bisogno degli artisti perché sono capaci di plasmare le grandi rappresentazioni, di rendere il mistero visibile, udibile, palpabile. Nel suo ultimo discorso agli artisti in Cappella Sistina, papa Francesco li ha ringraziati per aver espresso anche domande che ci risultano difficili, e per la loro ironia nei confronti della Chiesa, che ci purifica da tanti automatismi e autoreferenzialità. Li ha ringraziati anche per la freschezza e lo "squilibrio" che apre alla profezia, perché non c'è profezia solo nel campo sociale, ma anche in quello dell'estetica, della conoscenza e della cultura. Anche questa è una forma di carità: occorre offrire il pane, ma pure ragioni di vita. Occorre affermare che la dignità umana ci eleva oltre il livello di animali in lotta per la sopravvivenza».

L'errore e una tappa importante del processo pedagogico. Ma la paura di sbagliare talvolta immobilizza la Chiesa. L'incontro con le culture può aiutarla a riconciliarsi con questo timore?

«È necessario accettare l'incompiutezza dei percorsi e anche della Chiesa. La Chiesa è un processo storico che ha già in sé una pienezza, ma anche quell'aspettativa che ci fa pregare "Venga il Tuo regno!", il quale è realtà più ampia e sorprendente. Abbiamo bisogno di riconciliarci con questo senso d'in-compiutezza, e capire che l'imperfezione fa parte del cammino. Gianni Rodari scriveva che "sbagliando s'inventa". A volte quello che sembra uno sbaglio, un'imperfezione o un limite nasconde - anche dal punto di vista della Provvidenza e del lavoro spirituale - un'importante possibilità di crescita, di ri-creazione, di ri-significazione, di ri-configurazione. Tutto questo ci deve restituire un senso di umiltà. Le persone più colte sono di un'umiltà enorme, perché hanno scoperto che la saggezza non consiste nell'eliminazione dell'ignoranza, ma nella comprensione che quello che ignoriamo deve essere integrato con quello che sappiamo. È questa consapevolezza che ci fa artigiani di dialogo e di incontri interculturali veri, in un esercizio di ospitalità che rende il mondo un luogo fraterno».


(Da rivista Jesus, testo di Paolo Pecoraro)

 

Nuove Barbiana

Una scuola missionaria ad Haiti, uno dei paesi più poveri del mondo. Con la scuola, la Chiesa promuove la dignità delle persone (@REUTERS onecms_edcbc28c-d58b-4067-9ae1-881efc819dd5) Una scuola missionaria ad Haiti, uno dei paesi più poveri del mondo. Con la scuola, la Chiesa promuove la dignità delle persone (@REUTERS onecms_edcbc28c-d58b-4067-9ae1-881efc819dd5)
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Opere Cattoliche

La classe di una scuola paritaria in Italia. Quella d'ispirazione cattolica è la più ampia e significativa rete di educazione al mondo (IMAGO MUNDI onecms_2ca4b78e-6230-4670-8a2d-17b9214d242f) La classe di una scuola paritaria in Italia. Quella d'ispirazione cattolica è la più ampia e significativa rete di educazione al mondo (IMAGO MUNDI onecms_2ca4b78e-6230-4670-8a2d-17b9214d242f)
(© IMAGO MUNDI onecms_2ca4b78e-6230-4670-8a2d-17b9214d242f)

Dialogo con l'arte

L'esecuzione di un brano musicale durante l'incontro di 200 artisti, letterati e cineasti con papa Francesco il 23 giugno 2023 nella Cappella sistina (VATICAN MEDIA onecms_d46ee582-1f32-47eb-aef9-8a4d536e79b5) L'esecuzione di un brano musicale durante l'incontro di 200 artisti, letterati e cineasti con papa Francesco il 23 giugno 2023 nella Cappella sistina (VATICAN MEDIA onecms_d46ee582-1f32-47eb-aef9-8a4d536e79b5)
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