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Per un'architettura dello sguardo “Opera Aperta”

notizie ‒ 02 settembre 2025

Il Padiglione della Santa Sede dialoga con il cinema nel Spazio Incontri, Lido di Venezia

Il Padiglione della Santa Sede alla 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia si racconta da una nuova prospettiva in occasione della 82. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con un evento speciale che mette in dialogo architettura e cinema, realizzato dal Dicastero in collaborazione con la Fondazione Ente dello Spettacolo. 

 

Martedì 2 settembre, nello Spazio Incontri dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, si è tenuto l'evento "Per un’architettura dello sguardo: “Opera Aperta”, la Santa Sede alla Biennale di Venezia", un incontro, inaugurato dai saluti di Don Davide Milani (Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo), che ha raccontato l’esperienza architettonica del Padiglione dal punto di vista dello sguardo, grazie anche alla proiezione di passaggi tratti dai documentari dei registi francesi Ila Bȇka e Louise Leomine*, che hanno rivoluzionato il modo di raccontare l'architettura contemporanea attraverso il cinema.  Il loro approccio restituisce infatti allo spettatore un’architettura vissuta, fragile e profondamente umana. Serie come Living Architectures e opere celebri quali Koolhaas Houselife e Moriyama-San hanno aperto nuove prospettive, conquistando musei e festival internazionali, fino all’inserimento dell’intero corpus delle loro opere nella collezione permanente del MoMA di New York. Con queste parole Don Davide Milani (Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo) ha aperto il convegno “Opera Aperta

 

Durante l’incontro, il pubblico è stato guidato in un percorso che intreccia linguaggi diversi attraverso gli interventi di Sua Eminenza Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede; Pietrangelo Buttafuoco, Presidente della Biennale di Venezia; Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia;* Ila Bȇka e Louise LemoineGiovanna Zabotti e Marina Otero Verzier, curatrici del Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Architettura. L’appuntamento è stato moderato dalla giornalista del Corriere della Sera, Elisabetta Soglio.

Il Padiglione "Opera Aperta" invita infatti a formare lo sguardo, educandolo a non fermarsi all’apparenza immediata, ma ad andare oltre ciò che è visibile. I teli che avvolgono i lavori di restauro nel Complesso di Santa Maria Ausiliatrice, lasciando intravedere solo scorci e frammenti, insegnano a cogliere ciò che è nascosto, a non dare nulla per scontato. È lo stesso meccanismo del cinema: come lo sguardo del regista orienta e modella la percezione dello spettatore, così l’esperienza del Padiglione guida a una visione più profonda, capace di scoprire significati inattesi e invisibili.

* Ila Bêka e Louise Lemoine formano un duo di artisti, cineasti e ricercatori che, dal 2005, esplorano i confini tra arti visive, cinema del reale e architettura. Considerati dal Barbican Center tra i più importanti artisti dell’architettura contemporanea, hanno sviluppato un linguaggio originale che intreccia narrazione e osservazione, restituendo in maniera inedita l’esperienza vissuta degli spazi.

Nel 2016 il MoMA – Museum of Modern Art di New York – ha acquisito l’intera loro produzione filmica, un caso rarissimo per artisti viventi, che oggi fa parte della collezione permanente del museo.

Con il loro lavoro, Bêka & Lemoine hanno avuto un impatto profondo sia sull’architettura che sul cinema, ridefinendo il modo in cui percepiamo lo spazio nelle città e negli edifici. I loro film catturano le interazioni quotidiane, le emozioni e le dinamiche sociali, rivelando come lo spazio non solo plasmi la vita delle persone, ma venga a sua volta trasformato dalle pratiche e dalle relazioni umane.

La loro ricerca ha trasformato il modo di guardare all’architettura e agli spazi abitati: non più soltanto oggetti e forme, ma soprattutto relazioni umane, emozioni e dinamiche sociali che si sviluppano all’interno degli edifici e delle città. Le loro opere mostrano come lo spazio non sia mai un contenitore neutro, ma un attore capace di incidere sulla vita quotidiana, sulle abitudini e persino sulle emozioni.

Un aspetto centrale della loro ricerca è l’impegno critico nel rivelare la produzione dello spazio come sottile strumento di controllo sociale. I loro film indagano come gli ambienti costruiti possano modellare comportamenti individuali e influenzare le dinamiche collettive. Con uno stile che fonde ironia e poesia a un profondo senso dell’osservazione e dell’ascolto, Bêka & Lemoine hanno inaugurato un nuovo genere cinematografico, che rende più accessibile – e profondamente umana – la comprensione delle relazioni tra corpo e spazio.

Legge anche la notizia sulla pagina della Fondazione Ente dello Spettacolo